È una soleggiata mattina di aprile, sono seduto a uno dei tavolini all’aperto del bar di Pantigliate. Se non mi sbaglio, le norme direbbero di cominciare a popolare il plateatico a stagione più inoltrata, ma si sa che i regolamenti in questo paese sono da ritenersi validi solo se fondati su pragmatismo e buon senso. È quasi l’ora di pranzo e sarebbe irragionevole rinunciare a un Prosecco fresco e qualche stuzzichino sotto al tiepido sole.
Seduto di fronte a me c’è Raphael, ragazzo austriaco conosciuto ai tempi dei progetti di cooperazione in Mozambico. L’ho appena raccolto all’aeroporto di Milano Linate per proseguire insieme verso una nostalgica rimpatriata in occasione del compleanno di Teresa. Ripensare all’impasto di casualità che ci hanno portato qui oggi fa girare la testa.
“Lo sai che cosa non capirò mai dell’Italia?” mi dice Raphael nel suo accento danubiano “Perché tutto ciò che riguarda il cibo deve essere così pieno di regole?”
Ora che ci penso, non lo so… nemmeno me lo sono mai chiesto. Le regole esistono e vanno seguite. Sono intrinsecamente giuste ed è un peccato trasgredirle. Ad esempio, a chi verrebbe mai in mente di unire la pasta con il pollo?
“Un’altra cosa che ho notato in molti italiani…” riprende Raphael “Quando mangiate qualcosa che non conoscete usate la parola schifo.”
Questa sua constatazione, per quanto pacifica e in parte ingenua, scatena in me un frullatore di pensieri, tanto che non me la tolgo più dalla testa. Assorbo la critica e la faccio mia, come se fosse rivolta solo a me. L’attaccamento alla propria cultura, o la mancanza di cultura, passano troppo tempo insieme. Cultura e identità sono concetti pesanti, ma maneggiare con cautela.
Mangiare sempre alla stessa ora, bere il cappuccino lontano dai pasti principali, non rifiutare mai il caffé a meno di non avere una giustificazione plausibile, tenere separati i piatti di terra e i piatti di mare…
Per comprendere la nostra cultura dobbiamo guardarci dentro, ma anche osservarci da fuori. Naturalmente cultura non significa soltanto alimentazione, però… non c’è ricetta che non sia nata per qualche ragione storica, una moltitudine di opere d’arte rappresentano cibo e banchetti, praticamente tutte le religioni consacrano i pasti come momenti di incontro sociale e spirituale.
Vi dirò di più, mangiare è anche un atto politico, ma ne parleremo col tempo, strada facendo.
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