Non è difficile immaginare il Belgio come meta di un viaggio, è un Paese di piccole dimensioni con molte attrattive, ed è facilmente raggiungibile dall’Italia. In questo piccolo Regno incastrato al confine fra i mondi latino e germanico non mancano città dinamiche ricche di arte e storia, dalla capitale Bruxelles, ad Anversa, Liegi, Gent… finendo nell’incantevole Bruges, ambientazione di un film del 2008 con Colin Farrell. Qualcuno, fra cui io, troverà certamente la cultura birraia del Belgio di grande interesse – da tempo ho inserito nella lista dei viaggi futuri un bel tour delle abbazie del Regno. Il Belgio è sede delle Istituzioni Europee, per questo se ne sente spesso parlare, mentre nella storia recente è stato teatro di battaglie cruciali in entrambe le Guerre Mondiali, oltre che destinazione di numerosi emigranti italiani.
Il Belgio si incunea nel bel mezzo dell’Europa in un modo che talvolta rende impossibile non transitarvi. Così è successo a me nell’estate 2006, anno di un entusiasmante Interrail. Il biglietto acquistato permetteva di spostarsi liberamente lungo le reti ferroviarie di una zona definita dell’Europa per un periodo di quindici giorni, prestandosi così a certe follie, fra cui l’esigenza di utilizzare il maggior numero di tratte possibili nel tempo a disposizione per ottimizzarne il costo. In una sola vacanza toccammo sei Stati e un numero indefinito di città, Parigi, Bruges, Bruxelles, Anversa, L’Aia, Delft, Amsterdam, Haarlem, Acquisgrana, Liegi, Lussemburgo e Strasburgo. L’orda in movimento era composta da sei persone, strade che si incrociano per andare poi dove? Ho visto Martina e Laura sposarsi, di Jacopo sono stato addirittura testimone, con i restanti due componenti si sono persi i contatti.

Arrivati a metà del viaggio, nella capitale belga, il mio pensiero principale era il desiderio – incoffessato, ma ancora per poco – di vedere gli Iguanodonti. Riuscii a convincere, con le solite promesse come “Ci metteremo pochissimo” “Vedrete che è interessante” “Poi andremo a vedere qualcos’altro che sceglierete voi”, tutti i partecipanti all’Interrail a visitare il Museo di Scienze Naturali di Bruelles (https://www.naturalsciences.be/en/museum/home).

Ne avevo sentito parlare e avevo trovato la loro storia incredibilmente affascinante. Bisogna viaggiare indietro nel tempo, fino al 2 aprile 1878, e spostarsi nella cittadina mineraria di Bernissart, sul confine fra la Vallonia, la metà francofona del Belgio, e la Francia. In quel giorno lontano, una squadra di minatori stava lavorando per estrarre carbone a 322 metri di profondità nella fossa Sainte-Barbe, quando si imbatterono in alcuni blocchi di materiale scuro, di forma allungata approssimativamente cilindrica e… luccicanti. Il caposquadra Mortuelle ipotizzò che si trattasse di antichissimi tronchi d’albero fossilizzati, entro i quali con il tempo si erano accumulati cristalli di pirite. Ne raccolse alcuni campioni e li portò dal medico della miniera, il dottor Lhoir, il quale si trovava comodamente alloggiato al Café Dubruille. Fu lui ad accorgersi che non si trattava di tronchi d’albero, ma di antiche ossa… Inviò immediatamente i campioni al professor Van Beneden presso l’Università di Lovanio, che per primo le attribuì al genere Iguanodon.

L’iguanodonte fu uno dei primissimi dinosauri ad essere scoperto, nel 1822. All’epoca del ritrovamento di Bernissart la paleontologia era davvero alla sua… preistoria. Si conoscevano poche specie, i ritrovamenti erano frammentari e la stessa teoria dell’evoluzione di Darwin era ancora giovane.
Negli anni successivi al primo ritrovamento la fossa di Sainte-Barbe si è rivelata ben più di una miniera. Vennero alla luce circa una trentina di scheletri completi di Iguanodonte, un intero branco. Probabilmente la loro morte si verificò improvvisamente, 125 milioni di anni fa nel periodo Cretaceo, in conseguenza di un disastro naturale, come la piena di un fiume, una condizione drammatica che però crea le condizioni ideali per il processo di fossilizzazione, e la preservazione attraverso le epoche. Gli iguanodonti di Bernissart hanno tramandato una quantità straordinaria di informazioni sulla loro anatomia, prima di loro non si sapeva esattamente che forma avesse un dinosauro. É stato possibile conoscere meglio l’ambiente in cui vivevano, la loro alimentazione, la loro struttura sociale e persino le malattie di cui soffrivano.
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